L’educazione fisica che verrà!



In questi preoccupanti mesi di piena crisi Coronavirus, in tutti i sensi, molti docenti di Scienze motorie e sportive della Scuola secondaria si sono prodigati a dispensare materiali ai propri alunni in modi diversi per continuare le attività motorie a casa. Alcuni hanno selezionato e inviato video lezioni con programmi fisici trovati su internet, altri hanno creato uno spazio virtuale personale con esercizi e attività varie, altri ancora hanno preferito far prendere alla materia un orientamento teorico con video lezioni correlate al programma svolto. Insomma, come tutti, si sono messi in gioco e hanno anche imparato dalla rete. Le Scienze motorie hanno degli obiettivi che per il 95% sono pratici, se si considera il numero di lezioni svolte in palestra rispetto a quelle in classe; servono soprattutto per far muovere gli allievi che in questa delicata fascia d’età si muovono sempre di meno. Gli altri obiettivi vanno dal coordinativo alla conoscenza del proprio corpo a fini salutistici, ai limiti condizionali fino allo sviluppo delle capacità di relazione interpersonale. Il rischio, con l'eventuale ripresa della scuola al prossimo settembre, è che la parte pratica della materia sia sacrificata. Esiste anche il grosso problema degli asintomatici o portatori sani, che sarebbero moltissimi tra i giovani. Secondo l'Oms potrebbero trasmettere il contagio solo se presentano sintomi (febbre, raffeddore, tosse), in altri casi risulta più raro. Controllare queste variabili a scuola sarebbe veramente difficile, si pensi alla sola misurazione della temperatura corporea all'entrata. In questo periodo i protocolli dell’Istituto superiore della sanità spingono allo svolgimento regolare di attività motoria da praticare individualmente e in condizioni sicure a casa, per stimolare il sistema immunitario ad alzare le difese insieme al microbioma dell’intestino. Uno studio recente dell’Università del Minnesota (CIDRAP, Center for infectious Disease Risearch and Police) sostiene che la pandemia durerà per un arco temporale di 18-24 mesi e quando ne usciremo sarà stato contagiato il 60-70% della popolazione mondiale. Neppure il vaccino ci aiuterà da subito, ci vorrà tempo. Entrando nel merito della materia pratica che cosa possiamo fare? Innanzitutto siamo legati alle decisioni dall’alto e rientreremo solo se le condizioni lo permetteranno, ma in questi mesi diversi studi di esperti hanno rivelato quello che sarebbe possibile proporre in un’ipotesi di rientro per ricominciare l’attività motoria a scuola, magari lasciando il tempo per organizzarsi. Innanzitutto l’igienizzazione degli ambienti utilizzati e dei materiali comuni. Quello che riporto è il risultato di studi, sono un’insegnante di Scienze motorie che cerca  di capire cosa ci aspetta nel futuro e come e se è possibile muoversi. Recentemente ho letto una considerazione di un personaggio politico che sosteneva che le lezioni di Scienze motorie sono più a rischio rispetto ad altre lezioni in classe. In realtà c’è lo stesso rischio di contagio, anzi se le lezioni pratiche sono svolte all’aria aperta con certe precauzioni è ancora minore. All’inizio del nuovo anno scolastico, sempre in un'ipotesi d'inizio dell'attività, quello che dovrebbe cambiare è il modo di far lezione, adottando degli accorgimenti come la giusta distanza, l’utilizzo di dispositivi contenenti disinfettante per le mani all’entrata e uscita dalla palestra, utilizzo di guanti monouso in lattice in alcune situazioni, evitando attività di contatto (esercitazioni e discipline sportive). L'uso delle mascherine durante l'attività non sarebbe benefico per la persona secondo giudizio medico perché respirando la propria anidride carbonica si rischia l'alcalosi. Anche il livello d'impegno dell’attività dovrebbe essere da moderato a medio, ma a scuola già questo è il livello delle proposte didattiche nelle lezioni poichè non è un ambiente sportivo prettamente competitivo. Esiste uno studio recente dell’Istituto superiore della sanità (3 scienziati italiani: Dal Negro, Nisini, Matricardi) che ritiene l’attività fisica pericolosa se eseguita ad alta intensità nelle prime fasi della malattia, provocherebbe complicazioni fino a creare enormi problemi respiratori. Questo potrebbe essere un grosso problema, non tanto a livello scolastico, ma per gli sportivi agonisti, questo sembra essere uno dei motivi sul perché non ripartono i campionati sportivi ad alto livello. Un altro fattore da considerare è lo studio sui germi nell’aria, chiamati “Droplet” che significa gocciolina. Lo studio eseguito durante l’emergenza Coronavirus inerente alla dinamica di contagio Sars-Cov-2 è pubblicato sul sito www.urbanphysics.covid19.net e sostiene che gli sportivi durante un'allenamento di corsa devono stare a 5-10 mt in scia, distanza variabile in base all’andatura dell’atleta. Gli sport di contatto (pallacanestro, pallamano, calcio, pallavolo, judo, karate, ecc.) aumenterebbero la possibilità di contagio. Anche la pallavolo, molto utilizzata nelle lezioni scolastiche, creerebbe situazioni di contatto, anche se vi è una rete che divide le squadre, avvengono situazioni ravvicinate di difesa o a muro. Gli sport con la racchetta potrebbero andar bene ma senza l’avvicinamento a rete, con l'utilizzo di occhiali per impedire di toccarsi gli occhi con le mani e guanti in lattice per l’impugnatura dell’attrezzo. Inoltre, i materiali andrebbero usati individualmente (qui si potrebbe aprire una discussione sui materiali usati in comune dagli alunni a scuola che non potrebbero essere igienizzati ogni volta). Considerando tutto quello scritto finora si arriva alla conclusione che le lezioni di Scienze motorie potrebbero essere svolte ma in gruppi limitati (massimo 12-15 unità) per ridurre i contatti e scegliendo attività che permettono il mantenimento delle distanze. I tempi dovrebbero essere più lenti, ad esempio negli spogliatoi dovrebbero entrare 5/6 alunni alla volta sacrificando tempo alla lezione. La classica lezione come la conosciamo oggi per il momento va accantonata, di essa possono essere mantenute solo le fasi generali come l’avviamento motorio, la fase centrale e la fase di defaticamento. Andrebbero bene le lezioni in palestra o meglio all’aria aperta su campetti con i classici esercizi ginnici o fitness, tenendo gli alunni a distanza e magari con tappetini personali o forniti per il periodo dalla scuola. Sarebbero ottime anche le camminate aerobiche a bassa-media intensità, anche lunghe ma in pianura. Ci si deve insomma ingegnare e prestare la massima attenzione alle attività e ai movimenti degli alunni. Comunque parlare delle problematiche è importante per capire come muoversi in questo periodo, per rimanere uniti come categoria e valorizzare la nostra materia, mai come adesso serve l'impegno collettivo per uscirne. E’ importante fare, si dice “chi fa sbaglia e chi non fa critica”, naturalmente se ci sono tutte le condizioni di sicurezza per fare.

Intelligenze Multiple: diversificare per valorizzare

Bambini, quel che si impara prima dei 5 anni influenza il resto della vita



Bambini, quel che si impara prima dei cinque anni influenza il resto della vitaLo studio Abecedarian Project segue cento individui da 45 anni. La qualità della vita da adulti dipende molto da quel che si è appreso da piccolissimi. I vantaggi si fanno sentire per quanto riguarda il successo sul lavoro ma anche la solidità del rapporto con i genitori





TUTTO DIPENDE dai primi 5 anni di vita. Si incomincia a sei settimane dalla nascita senza perdere tempo. Non è mai troppo presto per imparare e gli adulti che sono stati ben seguiti da piccoli hanno più successo sul lavoro, sono più equilibrati e hanno rapporti più stabili con i genitori. A confermarlo ancora una volta uno studio statunitense, l'Abecedarian Project, che da 45 anni segue un gruppo di 100 individui.

Lo studio. La ricerca, coordinata dal Virginia Tech, ha preso in considerazione due gruppi di bambini e ha esaminato il loro livello di apprendimento nel tempo. "L'Abecedarian Project ha controllato la qualità di vita collegandola alle esperienze delle persone nei primi cinque anni - spiega Craig Ramey, docente del Virginia Tech Carilion Research Institute, che dal 1987 partecipa all'Abecedarian Project - . Abbiamo dimostrato che se forniamo educazione di qualità ai bambini che vivono in situazioni di disagio sociale possono raggiungere ottimi traguardi da grandi".

gruppi di bambini. Gli studiosi americani hanno diviso i bambini in due gruppi e solo uno dei due è stato seguito in modo adeguato da un punto di vista didattico per 5 anni. Ogni giorno un maestro li invitava  apartecipare ad attività, letture e conversazioni. Ramey ha concluso che seguire un bimbo tutto il giorno in modo adeguato, insegnandogli molte cose, per 50 settimane l'anno cambia completamente il corso della sua vita. "I programmi didattici - spiega Ramey - fanno la differenza. Serve una buona interazione fra insegnante e bambino. L'educatore deve far partecipare il piccolo a diverse attività e capire quali sono i suoi bisogni. Il bimbo va stimolato con giochi, letture e dialogando con lui".

A 6 settimane. Dalla ricerca è emerso che gli adulti che erano stati seguiti e stimolati dalle 6 settimane ai 5 anni di vita avevano maggiori probabilità di trovare un impiego a tempo pieno, di avere successo sul lavoro, di raggiungere un buon tenore di vita e di avere un rapporto equilibrato con i propri genitori. E anche un maggior senso giustizia sociale. "In pratica se si trattano bene le persone e si investe su di loro, quello che è stato fatto darà ottimi frutti - ha spiegato ancora Ramey - . Per questo è importante che tutti i bambini possano usufruire di servizi educativi adeguati fin dai primi anni di vita".

L'infanzia. Un risultato che non stupisce gli esperti del settore. Da tempo diversi studi hanno messo in evidenza la stretta correlazione fra i primi anni di infanzia e la formazione dell'individuo."E' noto da molto tempo che i primi anni di vita sono fondamentali per tanti diversi aspetti: emotivi, cognitivi, sociali. Si forma il legame di attaccamento con le figure significative, ci si apre al mondo e si è molto ricettivi. Questa ricerca torna sulla questione dimostrando come dei buoni interventi nei primi anni comportino una serie di ricadute positive negli anni successivi sia nel rapporto con i propri genitori in età adulta sia nelle relazioni sociali più vaste, comprese quelle lavorative", commenta Anna Oliveiro Ferraris, psicologa e psicoterapeuta, esperta in temi di educazione.

Stimolare. La parola d'ordine quindi è stimolare il più possibile i neonati e i bimbi piccoli. Lo confermano le ricerche scientifiche basate sulle neuroscienze. Quello che può far la differenza è l'educazione emotiva: cioè far sentire il proprio figlio compreso e accolto nelle sue emozioni. "Quando nasciamo il cervello è pronto a costruire reti neuronali, ma devono essere 'attivate' e sono dipendenti dall'esperienza. Ce lo dicono anche le neuroscienze - spiega Alberto Pellai, psicoterapeuta età evolutiva, docente all'Università degli Studi di Milano e autore del libro: L'educazione emotiva - . Per questo il bambino va seguito e anche se piccolissimo deve essere coinvolto in attività specifiche. Servono relazioni di cura nutrienti ed emotivamente competenti che diano sicurezza. Inoltre il bimbo va stimolato con giochi e spiegazioni".

L'adulto come coach. I genitori, i nonni o le persone che si prendono cura dei primi anni di vita, diventano dei coach. Perché già a pochi mesi è ora di studiare. Anche se con palle di gomma, pupazzi o disegni. Anche il momento della pappa o del bagnetto può essere l'occasione giusta per imparare qualche cosa. "L'adulto deve diventare un 'allenatore emotivo' - spiega Pellai - .L'empatia è fondamentale perché la madre o il padre deve poter sentire quello che sente il bambino. E' come se si attivassero le stesse reti neuronali tra genitore o educatore i bimbo. Per questo si parla di neuroni mirror".


La sintonia. Per educare davvero serve soprattutto saper  ascoltare, riuscire a percepire lo stato emotivo. Saper fare chiarezza con decisione e dolcezza. E' dunque inutile e controproducente arrabbiarsi per i capricci. Non è facile però per gli adulti captare e capire le emozioni del piccolo che non sa ancora esprimersi con le parole. Interpretando le sue richieste può rispondere ai suoi bisogni. Calmare la sua rabbia, le sue paure e rispondendo alle sue richieste di cibo o di coccole. Ma quali sono le attività da scegliere nei primissimi anni di vita? "Quelle che puntano a sviluppare le aree sociali e cognitive. Va stimolato molto attraverso il linguaggio, per aiutarlo a crescere - aggiunge Pellai - . Se nominiamo e trasformiamo in parole gli stati emotivi del bambino, lui riesce a interpretarli e questo lo porta a evolversi". L'altro elemento importante è quello dei giochi che devono essere adeguati al suo modello di sviluppo. I piccoli vanno coinvolti in attività ludiche che coinvolgano il corpo. "Attraverso il corpo i bambini esplorano oggetti, sviluppano il tatto e la loro motricità - conclude Pellai - . Tutte queste attività sono molto utile per diventare grandi. E costruirsi un futuro".

Non solo studio. I primi anni di vita sono quindi fondamentali per la formazione di un individuo. Parlare ai neonati e spiegargli tutto è importante per coinvolgerlo il più possibile. I piccoli vanno ascoltati e bisogna insegnare loro molte cose con giochi e attività ludiche. E un bambino ben seguito ha più probabilità di realizzarsi in età adulta. Anche se esistono però diverse variabili che contribuiscono al successo nella vita. Anche se si è preparati possono influire altri fattori come la fortuna o le conoscenze. "Non sempre le cose vanno così lisce nelle età successive della vita - conclude Oliveiro Ferraris - perchè possono entrare in gioco altre variabili, per esempio nel nostro Paese non è detto che chi è preparato, maturo e ben disposto riesca ad avere una collocazione sociale adeguata alle sue caratteristiche, tant'è che oggi sono molti i giovani italiani preparati che migrano in altri paesi.




Da "Repubblica"
di Valeria Pini


 

I 10 falsi miti del dimagrimento

Nel campo del dimagrimento se ne sentono di tutti i colori, esistono dei miti da sfatare, dai detti popolari privi di fondamento scientifico e persino ai consigli della nonna tramandati.

Vediamoli!

Primo mito: si dimagrisce  mangiando una  sola volta al giorno.

In questo modo si crea uno squilibrio glicidico nel sangue con ipoglicemia e quindi malesseri vari abbinati a  scarso rendimento nell’efficienza motoria e psichica generale. Se si dividono le calorie in più pasti nella giornata (5-6) si permette un aumento metabolico generale   e quindi maggiore consumo calorico.  



Secondo mito: si dimagrisce con le mono-diete.

Esse sono le famose diete provate e consigliate dalle casalinghe disperate ed imposte ai poveri cristi dei mariti, per citarne alcune: la dieta del minestrone, la dieta della frutta, la dieta dello yoghurt,etc. Queste diete  consistono  nel mangiare per un periodo indefinito solo un  tipo di alimento provocando uno squilibrio a livello dei nutrienti di cui il corpo ha bisogno ( glucidi, proteine, grassi, sali minerali e vitamine) e provocando problemi ai tessuti e agli organi.



Terzo mito: la pasta fa ingrassare mentre il riso non ingrassa.

Innanzitutto non è vero che la pasta fa ingrassare, va mangiata nelle giuste quantità, non abbinata al pane e sempre con un tipo di vita di movimento, altrimenti le energie non consumate vengono trasformate in grasso (anche il riso). Il riso ha quasi le stesse calorie della pasta e addirittura un indice glicemico superiore, inoltre  è  più digeribile della pasta  e crea sensazione di fame molto prima.



Quarto mito: se si mangia di meno si dimagrisce sempre.

L’organismo di difende dal calo di peso  rapido con un meccanismo di risparmio che gli consente di consumare meno calorie a parità di lavoro svolto. Inoltre assimila di più il cibo ingerito abbassando  il metabolismo basale.



Quinto mito: i massaggi fanno dimagrire.

I massaggi possono solo mobilizzare i grassi che si trasferiscono da un settore ad un’altro del corpo senza “sciogliersi” , inoltre possono essere di aiuto come mezzo di tonificazione perché facilitano il trasporto metabolico nella zona trattata agevolando il riflusso delle tossine.



Sesto mito: i diuretici e i lassativi fanno dimagrire

 Essi favoriscono solo l’eliminazione di acqua , che verrà reintegrata con quella bevuta o contenuta nei cibi, inoltre provocano calo di Sali minerali indispensabili per le funzioni dell’organismo .



Settimo mito: dimagrire con cure ormonali.

Prendendo questi  ormoni si può evidenziare un veloce dimagrimento ma si alterano le  normale funzioni del corpo e si influenza negativamente il sistema neurovegetativo provocando gravissime patologie.



Ottavo mito: si può dimagrire 2-3 kg a settimana.

Viene consigliato un calo di peso di non più di 2-3 kg ogni 15 giorni o l’1% del peso reale ogni 7 giorni. In questo modo,  con una razionale alimentazione ipocalorica abbinata al movimento ci si garantisce la perfetta efficienza fisica e psicologica. Una volta raggiunto il peso ideale è bene continuare la dieta ipocalorica di mantenimento per un lungo periodo di tempo per riadattare il metabolismo al nuovo peso e permettere all’organismo di autoregolarsi  e non reintegrare i chili persi. Mentre l’attività fisica dovrebbe essere praticata regolarmente come buona abitudine di vita.



Nono mito: la sauna fa dimagrire.

Essa contribuisce a togliere dall’organismo acqua e sali minerali preziosi, che verranno poi subito reintegrati con l’alimentazione. L’effettivo consumo calorico è di 140-160 calorie per kg di sudore perso, la perdita effettiva di grasso è quindi di 17-20 grammi per kg di sudore (equivale a 10min. di corsa). La sauna serve comunque  a togliere tossine dal corpo e  purificare i pori della pelle.



Decimo mito: compiere attività con tute sintetiche o molto  coperti.

Essi impediscono una normale traspirazione creando irritazioni cutanee. L’apparente forte quantità di sudore espulso fa calare istantaneamente il peso del corpo ma sono solo liquidi che vanno reintegrati. Se è abbinata ad un’attività fisica il calo di peso è dovuto a quest’ultima e non alle tute e agli indumenti pesanti indossati.

Ecco, ci sono tutti, perciò se volete dimagrire giustamente e naturalmente senza creare problemi all’organismo seguite le adeguate   indicazioni.



A riscriverci (come diceva quello!)