La scelta giusta dello sport nei bambini

Si deve partire da una massima: “l'attività sportiva migliore è quella che più lo appassiona”.

Per il resto, basta usare semplici accortezze, come praticare esercizi che potenzino la parte del corpo meno esercitata, nel caso del tennis o della scherma e rimandare l'agonismo all'età delle scuole medie.

Sono i bambini gli italiani più sportivi: il 57% di chi è nella fascia d'età 6-10 e il 67% degli 11-14enni, cioè 2 su 3, pratica almeno uno sport.
Con un incremento negli ultimi anni anche di 5 punti percentuali.
E allora, come scegliere la disciplina giusta per loro? E quali errori evitare? 

I consigli degli esperti:
"Il primo consiglio secondo gli psicologi per scegliere lo sport giusto è farne un dovere, perché occorre avere voglia di farlo.
Per i più piccoli fino a 7-8 anni, poi ci vorrebbe non un solo sport ma più di uno, o un'attività fisica di tipo polisportivo.
La ginnastica può essere un esempio: si corre, si salta, ci si arrampica, si fanno le cose naturali a quell'età, che divertono, e nel contempo, attraverso il controllo del corpo e il superamento di piccole sfide e paure accrescono l'autostima".
"L'attività sportiva fino agli 11-12 anni deve essere varia in modo da stimolare tutto l'organismo, che è in crescita: muscoli, scheletro e apparato cardiocircolatorio.
Facciamo scegliere al bambino uno sport che gli piace ma affiancandogli un'altra attività, per esempio al tennis o al calcio o alla pallavolo, il nuoto, il ciclismo, il pattinaggio: i primi sviluppano forza, rapidità, esplosività, i secondi la resistenza e migliorano gli apparati cardio-circolatorio e respiratorio.
Non c'è uno sport completo, neanche il nuoto, nonostante lo si senta dire da anni va benissimo per i bambini, promuove la resistenza, ma fa lavorare meno per via del galleggiamento, favorisce le malattie otorinolaringoiatriche, e non è sempre un toccasana per la colonna".



Sport di squadra o individuale?
Sull'argomento si sente tutto e il suo contrario: per i timidi ci vuole il gruppo, per gli esuberanti lo sport individuale ma anche per i pavidi la disciplina individuale, per gli estroversi la squadra.

"In realtà  entrambi sono educativi anche se rafforzano aspetti diversi della personalità, la squadra stimola più il senso di collaborazione e condivisione di un obbiettivo comune, che a 8 anni inizia ad essere percepito dai bambini.
D'altro canto lo sport individuale rafforza l'autonomia mentale, l'assunzione di responsabilità: imparare ad accettare l'errore visto che non c'è possibilità di condividerlo è un fatto innegabilmente molto positivo".
"Dal punto di vista della medicina dello sport, rugby, calcio e pallavolo hanno il pregio di consentire azioni più variate, il gioco rallenta, accelera, si alternano momenti di maggiore o minore intensità".
Ma ci sono anche bambini che testardamente chiedono di praticare una specialità, come la corsa, i tuffi, o il ciclismo.
 "Meglio evitare le cosiddette specialità, dai movimenti ripetitivi, standardizzati.
Ma anche qui: l'importante è alternarli ad altro".


E i cosiddetti sport asimmetrici, come il tennis e la scherma?

"Vanno benissimo  se si potenziano anche i muscoli della parte non utilizzata nella disciplina in fase di allenamento".

Quindi il bambino, nella scelta dello sport, va assecondato, semmai gli va proposta una seconda attività che affianchi quella che lo appassiona.
E se lui cambia idea, magari a quota pagata? "È normale che un bambino cambi idea, si può insistere un po', aspettare, ma se non si diverte deve poter cambiare.

Non dimentichiamo che lo sport per i bambini è gioco", che prima o poi diventa gara, agonismo.

"La voglia di vincere è naturale e convoglia l'aggressività, l'agonismo inteso invece come "giocano solo i più bravi" meglio posticiparlo alla scuola media per non rischiare di generare frustrazioni e abbandoni nei meno bravi aspettative eccessive e ansia nei migliori.

Questa è una fase di evoluzione, di cambiamenti fisici e psicologici, non è detto che un campione era già tale a 8 anni o che un vero talento non si manifesti un po' più tardi". 

Da un intervista  a:
Alberto Cei, psicologo dello sport all'università di Roma Tor Vergata

Sergio Lupo, specialista in medicina dello sport a Roma e responsabile del portale Sport & Medicina

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