L'invecchiamento fisico e mentale è regolato dal cervello

Se viene inibita una molecola secreta dall'ipotalamo si ritarda la degenerazione e l'invecchiamento.
Illustrazione di Guido RosaQuella è una «data di scadenza» scritta nel nostro cervello.

I diversi tessuti del nostro corpo invecchiano a ritmi diversi, ma i neuroscienziati si sono chiesti da tempo se non vi sia un controllore centrale dell'invecchiamento, cioè un centro cerebrale e magari una specifica molecola prodotta da questo che invia un messaggio, con progressiva intensità, ai diversi tessuti.
Un'equipe di neurofarmacologi e fisiologi  dell'invecchiamento dell'Istituto Albert Einstein di New York, diretta da Dongsheng Cai, conferma, sull'ultimo numero della rivista Nature, che è proprio così, almeno nei topi.

Un giudice indipendente e autorevole, il neurobiologo molecolare David Sinclair della Harvard Medical School, ha dichiarato che questo risultato costituisce «uno sfondamento notevole nella ricerca sull'invecchiamento». In sostanza, il dottor Cai e i suoi otto collaboratori hanno puntigliosamente seguito nel tempo le tracce di una molecola, chiamata NF-kB, secreta dall'ipotalamo, che controlla l'attività del Dna ed è coinvolta nei processi infiammatori e nelle reazioni allo stress. Lungo la vita del topo e del suo cervello, questi studiosi hanno rivelato una crescente presenza di questa molecola. Cai e collaboratori concludono che l'invecchiamento detto sistematico, cioè esteso a molti tessuti diversi, viene veramente pilotato da un tessuto cerebrale particolare, cioè, appunto, l'ipotalamo.
 
Osservando lungo molti mesi lo stato generale di salute e le capacità cognitive di topi normali e di topi ai quali era stata iniettata una molecola che inibisce l'azione del fattore NF-kB si è osservata una notevole differenza. Inibendo l'azione di questo fattore si ritarda l'invecchiamento. Un ulteriore giudice autorevole e spassionato, il neuropatologo Richard Miller dell'Università del Michigan ad Ann Arbor, conferma che questi dati rendono molto plausibile la conclusione che l'intero processo di invecchiamento viene decelerato, quando si inibisce l'azione di questo fattore. I fattori molecolari, di norma, agiscono a catena, quindi, anche inibendo un enzima chiamato IKK-beta, che agisce, per così dire, a monte di NF-kB e lo attiva, si rallenta l'invecchiamento. Sopprimendo l'attività di questo enzima, la vita media dei topi trattati si allunga del 23 per cento e la massima durata della vita aumenta del 20 per cento. Un risultato che, certo, ci fa gola, se si pensa che tali trattamenti potranno essere estesi agli esseri umani. Ma questo resta per ora del tutto ipotetico. Nella catena di attivazioni e inibizioni molecolari entra un ben noto ormone, chiamato GnRH (ormone di rilascio della gonadotropina), un fattore che promuove la crescita delle reti neuronali e delle gonadi. Lo NF-kB, molecola d'un tratto divenuta infame, compete con questo ormone, producendo quindi almeno i due fenomeni più smaccati dell'invecchiamento, degrado dell'intelletto e della sessualità.
 
Tutto questo per ora riguarda solo il topo. Sarebbe insensato non tentare un allargamento di queste ricerche e il possibile sviluppo di farmaci capaci di rallentare l'invecchiamento, forse prolungare la vita e alleviare i disturbi dell'età come infiammazioni, artrite, diabete e Alzheimer. Grande quanto un fagiolo, situato alla base del cervello, l'ipotalamo era già noto come controllore del sistema simpatico, della temperatura corporea, della fame, della sete, del sonno, della fatica e perfino dell'attaccamento alla prole. Integrando tra loro le attività neuronali e le risposte immunitarie, adesso si scopre che regola anche l'invecchiamento. Due bersagli farmacologici possono rallentare questa azione. Hanno sigle esotiche: IKK-beta e NF-kB. Bloccandoli, si rallenta la vecchiaia. I dati adesso pubblicati dicono chiaramente che possibili futuri farmaci potranno solo agire dopo la maturità.
I giovani sono invitati ad astenersi.


Nessun commento:

Posta un commento