Lo rivela uno studio, presentato al congresso
dell'European Association for the Study of Diabetes di Vienna. Gli esperti: "Non
dimenticare l'attività fisica e la dieta equilibrata":

I dati. Nello studio si è misurato il BMI (che si calcola dividendo il peso di una persona in chili per il quadrato della sua altezza in metri) a 20 anni, a 58 e a 73 anni definendo l'aumento di peso un 10 per cento in più nella mezza età rispetto ai 20 anni (ma il 20 per cento nell'età anziana rispetto sempre a quella giovanile) e sempre il 10 per cento dai 58 ai 73 anni. I ricercatori hanno poi analizzato le differenze tra i vari soggetti individuando in chi aveva un BMI più alto da adulto, con un aumento sostanziale di peso e peso instabile dalla gioventù fino all'anzianità, i soggetti con un rischio genetico maggiore, per la presenza appunto di alcune varianti.
Ma che cosa vuol dire esattamente avere queste varianti? "Nel nostro organismo ci sono tante varianti genomiche associate a suscettibilità verso alcune malattie, basti pensare al cancro - premette il genetista Antonio Novelli, dell'istituto Css Mendel di Roma - ma questo non vuol dire che si ammalino tutti coloro che hanno quelle varianti. I geni possono esprimersi - oppure no - a seconda della variabilità individuale, che può essere diversa anche all'interno dello stesso nucleo familiare. Se un soggetto risulta positivo al test genetico per la mutazione del gene BRCA1 e 2 non vuol dire che si ammalerà certamente di tumore al seno ma che bisognerà fare più monitoraggi perché la malattia è più probabile, specie quando c'è familiarità. Il dato interessante di questo studio è che riguarda una popolazione molto ampia e divisa per fasce d'età".
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