I grassi presenti nel cibo non influenzano solo i livelli di colesterolo nel sangue, ma anche i punti del corpo in cui si rischia di accumulare tessuto adiposo. A svelarlo è uno studio frutto della collaborazione tra l'Università di Uppsala e il Karolinska Institutet (Svezia) pubblicato sulla rivista Diabetes, secondo cui i grassi saturi - quelli tipici degli alimenti di origine animale - favoriscono l'accumulo di grasso a livello addominale e intorno agli organi, mentre quelli polinsaturi – abbondanti nel pesce come il salmone e nelle noci – sono associati ad un aumento della massa muscolare e a una riduzione della massa grassa.
Lo studio ha
coinvolto 39 giovani adulti normopeso, che per 7 settimane hanno mangiato 750
calorie in più al giorno in modo da promuovere un aumento di peso del 3%. Nella
metà dei casi queste calorie extra provenivano da grassi saturi, mentre
nell'altra metà provenivano da grassi polinsaturi. All'inizio e alla fine
dell'esperimento i ricercatori hanno valutato l'espressione dei geni nel grasso
addominale viscerale e, tramite risonanza magnetica, la distribuzione del
grasso corporeo e la massa muscolare.
Dai dati
raccolti è emerso che nonostante in tutti i partecipanti sia stato osservato un
aumento di peso simile, nel primo gruppo è stato rilevato un aumento maggiore
del tessuto adiposo nel fegato e nell'addome, soprattutto attorno agli
organi interni. In chi aveva assunto grassi polinsaturi è stato invece osservato
un aumento della massa muscolare triplo rispetto a quanto rilevato in
chi aveva mangiato grassi saturi. Non solo, i ricercatori hanno scoperto che i
grassi saturi attivano i geni che favoriscono l'accumulo di tessuto adiposo a
livello addominale e che ostacolano la regolazione dell'insulina, mentre
quelli insaturi “accendono” geni associati alla riduzione dell'accumulo di
grasso viscerale e ad un migliore metabolismo degli zuccheri.
La scoperta ha
risvolti importanti in termini di prevenzione del diabete e di malattie
cardiovascolari, patologie il cui sviluppo è correlato più alla
localizzazione del grasso corporeo che alla sua quantità. “Il grasso epatico e
quello viscerale sembrano contribuire a una serie di disturbi del metabolismo”,
ha spiegato Ulf Risérus, coordinatore dello studio. Per questo una giusta
composizione della dieta in termini di grassi potrebbe aiutare a ridurre il
rischio di sviluppare queste patologie. “Tutto ciò è molto interessante – ha
commentato Risérus – dato che al momento non abbiamo trattamenti preventivi per
il fegato grasso e l'accumulo di grasso viscerale”.
In termini
pratici tutto ciò significa che ridurre il consumo dei grassi presenti in
alimenti come la carne rossa e il burro a favore di una dieta più
ricca di cibi contenenti grassi polisanturi, come il salmone e le noci,
potrebbe aiutare a proteggere la salute riducendo il rischio di diabete e
malattie cardiovascolari.
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